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<REVIEWS>
.::italian/english/french::.
-^.:<Porta07>:.^-
E cosa vuoi dire a due tipi che si fanno le foto promozionali con in mano un pupazzo colorato e un computer-giocattolo di Barbie? Scherzi a parte, i romani Nastro sono chiaramente dei buontemponi
che giocano a fare lunghe e slabbrate pernacchie rumorose (vengono pure da un paio di lp per la Upside Down Recordings). Se volete un riferimento, pensate a un altro campione di questo
sotto-sottogenere, Ezio Piermattei. In questo specifico caso il tutto è virato verso lo psichedelico, il colorato,
anzi meglio: volutamente slavato, fumettoso, e non dimentichiamo che nella capitale operano intelligentissime teste matte come Grip Casino, Økapi, System Hardware Abnormal, insomma gente che a cucire suoni e rumori, i più disparati, se la cava egregiamente. Va
comunque chiarita una cosa: Porta07 è adatto a disadattati (perdonate il gioco di parole), collezionisti compulsivi di audiocassette, le più strane possibili, e persone che fanno di
tutto per nascondere nella vita quotidiana la passione per simili freakerie, tra disturbini, accenni di synth rotti e chitarrine space-qualcosa in crema sci-fi, soprattutto nella seconda
traccia, che suona sinistra e lascia un vago sentore occult. Io, lo confesso, credo di appartenere banalmente all’ultima categoria elencata. Garantisce NO=FI Recordings. (Maurizio Inchingoli-The New Noise).
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Ogni giro di giostra è un totale cambiamento per i Nastro. Dopo un esordio electro-rock, un comeback in duo a base di cut-up strutturale (300mq), prima, e melting-pot di matrice tribal-industriale brutista, ipnotico e stordente (Terzo Mondo), poi, ora arriva Porta07, nastro in cui i due hanno provato a fare un album hip-hop. Provato, sì, perché come al solito le cose sfuggono di mano e, grazie al Tascam che da titolo al tutto, a prendere il sopravvento è l’atteggiamento neo-dada/luddista squinternato che porta ad una specie di ambient-drone groovy e infantilmente eccitante. (Stefano Pifferi-Sentireascoltare).
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-^.:<Terzo Mondo>:.^-
Terzo mondo (third world, in italian), third record for the two-piece Nastro, Francesco Petricca and Manuel Cascone from Rome, a limited edition of 200 pieces, going minimal and minimal, like a bigfoot on tip toe, lights off, in a crystal castle: perception gains the status of percussion, a percussive, tribal practice of electronic / analogue sound manipulation, where in the same calderon you get live drums, flutes, synthetizers, bass, broken bottles, a miscellany of satured auditive harshness (Gez), singing birds synaesthetic (Mod), all (almost) fully instrumental. On the way of spastic and selfless frenzy of avant-garde. A jungle of fierce diversity, on the verge of psychedelic (or audio psychotropic drug with the intro of Blu). A missing page on UbuWeb.
I think you can play this vinyl on 33 as well 45 rpm. Their best record so far, if you allow me. (Komakino).
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Registrato completamente in presa diretta, Terzo Mondo è, nomen omen, la terza prova per i Nastro – definitivamente un duo, con Manuel Cascone e Francesco Petricca – dopo un omonimo esordio piuttosto standardizzato su panorami electro-rock mutanti e 300mq, il bizzarro passo numero due. Se lì il commiato dal quartier generale in procinto di essere demolito si mostrava sotto le forme musicali della disgregazione e dell’accumulo per cut-up, in cui si mescolavano input tra i più diversi in un fluire senza soluzione di continuità, qui il procedere è in apparenza opposto ma in realtà porta a risultati simili. Non più taglia e cuci digitale, ma tutto registrato in presa diretta con l’ausilio di un microfono ambientale e privo di qualsiasi sovrincisione, in cui synth e batteria, chitarre acustiche e percussioni “guaste” – ossia strumenti d’uso quotidiano come secchi, pentole, coperchi, bicchieri, monete – si aggiungono l’una sull’altra, l’una dietro e dentro l’altra, sempre nella stessa sessione di registrazione. Il risultato è un melting-pot di matrice tribal-industriale brutista con forti tinte afro, ipnotico e stordente nel suo accumulo stratificato di fonti sonore distanti e indistinte che stritola synth-wave, mutant-etno, retro-futurismo terzomondista, patchanka da grey area, weird music concreta, no-funk astratto. Perfettamente in linea col percorso del duo, ma portato a livelli parossistici.
C’è, dopotutto, del forte rigore di metodo in Terzo Mondo: la ricerca del metodo, e la lavorazione dei suoni, è durata ben due anni, un periodo in cui nulla è stato registrato ma soltanto concepito a livello di procedimento compositivo, per poi essere applicato nella registrazione in presa diretta. Con eccellenti risultati, si direbbe. (Stefano Pifferi-Sentireascoltare).
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Ma la world music indisciplinata ce l’abbiamo anche noi: i Nastro sono alla loro seconda prova in duo, superato il primo periodo in cui erano troppo new wave per fare breccia, oramai sono maturi per il botto. Roba registrata col cellulare, ma in maniera che manco agli Electric Ladyland. Ritmi spezzati di un Africa da stazione Termini, synth impazziti tipo Residents de Decima, musica di pregio trovata nella spazzatura e venduta al mercato zingaro. Uno dei migliori–e ahimè non spinti a dovere–gruppi italiani degli ultimi anni. (Demented Burrocacao-Noisey).
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I Nastro sono una delle mie band italiane preferite di sempre, proprio ever and evah 3000. Prima forse avevo dei motivi personali essendo band formata da due artisti, geni della vita, che conosco di persona (Manuel Cascone e Francesco Petricca) e che tanto, a loro insaputa, hanno contribuito alla mia pikkiomania. Ora però con questo disco i Nastro mi si sono instikkiati nella mente come tra i pochissimi ad affrontare e riportare la realtà odierna in musica, in maniera non codificata, estremamente personale, eppure saldamente ancorata a degli archetipi ben riconoscibili (di base tribalità ossessiva ritmica). O vi giuro che per me i Nastro battono i Black Dice sull’argomento asfalto traffic riddim, forse sarà perché hanno fatto il disco più SGRAKKIO SECCO SGRAKKIO TRAKEA che esista. Registrato con un telefonino, pentole e dark energy (e pifferi ed effetti etc.) il Terzo Mondo creato dai Nastro è un trip skrotomaniaco nell’esteso confusionario agglomerato umano/urbano di oggi. Un Terzo Mondo nato nel caos tra Roma (e i suoi trenini arruginiti ancora esistenti) e Latina (e le sue inedite campagne con immigrati che zappano il gombo) che in realtà pur non c’entrando nulla con techno/il clubbing/er cazzo uk è più vicino a Ghettoville di Actress che ad altro, condividendo entrambi un’amore per l’attuale strada che stiamo vivendo. Se in Actress però si sogna in maniera esistenziale nell’odierno sprawl, coi Nastro ci si vive per davvero senza schermi, senza scazzi, anzi partecipando e divertendocisi pure. Cellulari che rimbalzano da una parte all’altra informazioni di un tram affollato, persone che rimbalzano dentro a un camioncino scassato, il min amp portatile di un suonatore rompicojoni, pezzi di cassette di frutta, persone che si urtano perché hanno gli occhi sullo schermo, un motorino, echi di qualche musica truzza, etc. Tutto un globale incastro d’umanità sintetizzato alla perfezione in incastri ritmici, come moderno voodoo concreto delle vite 2k1x underground di tutto il mondo. E poi viene tutto risukkiato nel cesso. (PikkioMania-Bastonate).
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可愛らしくも毒があるブードゥーポップ。パーカッション&シンセのローマ産デュオ、Nastroの3rdアルバム!
荒々しい芯が見えるパーカッションに、フルートの味付けやカリンバの風、シンセが危なっかしい表情を見せます。アヴァンでいつつポップで、全体の丸っこさから可愛らしい印象で浮遊させてくれる秀逸な1枚です!
限定200枚。
2014年作品
(Tatewaki, www.meditations.jp)
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-^.:<300mq>:.^-
A fantastically primordial soup of dismantled and unstable rhythmic electronics and fractal synth patterns by the tightly intuitive duo, Francesco Petricca and Manuel Cascone, aka Nastro. The title of '300 mq' alludes to the size of their recording space in Rome which they were contractually obligated to tear down "with their bare hands" (remember, this was the time of the great Italian glove shortage of 2011) after finishing the album, which cutely dovetails with their collapsed and decimated approach to compositional structure. Analogous to the UK's Sculpture, the more hair-brained post-punk experiments of John Bender or Tara Cross, and the cut-up techniques of William Burroughs and Gysin, the result is a Dadaist disassembly of repetition and psychedelic intent - a sound which pulls in all directions, fracturing trains of thought and creating new pathways through electronic and acoustic sounds to odder conclusions. (Boomkat).
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As Nastro is an Italian word meaning ribbon or tape, its only fitting that this album sounds like some kind of audio tape collage, a
head-spinning mesh of disparate sonic sources - fractured loops, slices of various musics, found sound splinters and an array of electro-acoustic experiments. The album contains two untitled tracks, both clocking in at around sixteen minutes but it would be unnecessary to take each piece as a separate
entity. Indeed, this is a release which demands a more holistic listening philosophy. The approach here is simple, a complete
de-structuring of the accepted norms of musical composition. Sounds ricochet and collide with each other whilst fractured loops hang from a decaying framework of rhythmic tics and electronic
pulses. The percussive elements are particularly strong throughout the set, many of which sound like samples lifted from the B sides of lost post-Punk 7" singles or antique library music
albums. Upside Down Recordings has delivered something of a small scale masterpiece here, an album that should be heard a lot
more widely than it probably ever will be and championed for it's diversity and sheer experimentalism. (So Much Noise To Be Heard).
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Tout court: godzilla ha spiaccicato tutta la scena dance-punk e questo è stato il loro l’ultimo vagito.
dico sul serio: provatevi a immaginre un coso enorme che salta sopra a synth, kazoo e un mucchio d’altri strumenti e immaginatevi il suono che potrebbe uscire. okay, magari vi state immaginando un rumore atroce, ma immaginate pure che, in mezzo a quel caos rumoristico, ci sia una misteriosa forza ordinatrice che rimetta a posto tutti quei suoni e gli dia un senso. ecco, a questo punto, vi siete fatti un’idea del disco qui presente. cioé: trentadue minuti e ventotto secondi di psichedelia in acido- dopo le sbronze indie e prima del rigurgito dance-punk. loro sono in quattro, vengono da Roma, e sono chiaramente dei pazzi scellerati: arrivano al secondo disco e sperimentano quest’oscena amalgama che mi fa rizzare le orecchie e mi fa venire in mente dei Kraftwerk de’ noantri parecchio su di giri che mettono su un progetto a quattro mani con David Thomas. questa è una delle robe più originali, eccentriche e affascinanti che si abbia la possibilità di ascoltare: ecco, non lascietevala sfuggire. (Giorni Di Boria).
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Tornando ai vinili grossi, in ambito “famolo strano”, sono da segnalare due robette niente male legate per un verso o per l’altro ai Nastro. La formazione romana, apprezzata all’altezza dell’omonimo esordio, è ormai ridotta ora a duo e propone un bizzarro vinile 12” dal titolo 300mq, in cui una unica traccia da 32 minuti narra le vicissitudini dello spazio un tempo sala prove e ora ridotto a macerie. Lo smottamento strutturale dello studio ha la sua controparte sonora nel cut-up onnivoro e rimiscelato di moltissimi input sonori tra white noise, electro-rock sfattone, tribalismi afro-industriali, stratificazioni vocali, hypnagogic-pop di risulta e synthfonie stratte e allucinate. Un tour de force eterodosso ed eterogeneo che vale la pena provare. (Mattia Coletti-Sentireascoltare).
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300 MQ is the second album from NASTRO. 300 mq is the size of NASTRO's recordings studio where they have recorded the album and which they had to tear down with their bare hands after
finishing the recordings as
part of the contractual obligations.
Behind 300mq (300 squared meters) there are 12 months or recordings, sonic reworkings, played percussions, than dismembered and reassembled, a careful work of sampling and audio architecture.
A frantic mix of electronic synthesis and acoustic, each element is an instable piece, psychedelia of a future and yet past era, crazy machines repeating themselves always the same and always different. Two long sides where extract several film themes if today's cinema would follow the pace of tomorrow. (Staalplaat).
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Dischi come questo ti fanno credere che sia facile assemblare un tale frullato di patterns, campionamenti, frizzi e lazzi. Poi magari scarichi Audacity, ci dai di cut/copy/paste e salta fuori una stronzata immonda che spammi ovunque stile truffatore nigeriano. Ecco, vedi di star fermino! La roba seria lasciala a gente come Daniel Lopatin o al massimo i romani Nastro, che con questo lavoro ti insegnano come, con una bella dose di gusto e presa per i fondelli, ci si possa stravaccare in poltrona cullati da presse idrauliche e pifferi indemoniati. A nastro! (NINO ZILDJIAN-Vice).
(Blow Up).